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- «Un padre ci vuole», recensione di Gabriella Congiu (Pirandelliana)
Stefano Pirandello
Un padre ci vuole
Un padre ci vuole affronta il tema della paternità.
Il testo si basa su due personaggi completamente agli antipodi: da una parte, Ferruccio, il quale, dopo la tragica perdita della moglie, abbandona il ruolo di genitore, dall’altra, suo figlio Oreste, costretto dagli eventi a farsi carico del padre.
L’opera si apre con la sofferenza di Oreste per il fidanzamento di Ferruccio con una donna molto più giovane di lui. Nella caotica abitazione, a cui fanno visita una serie di bizzarri personaggi, giunge dall’Australia Alfredo, il ricco fratello di Oreste, per impedire – con un fine personale ben pianificato – la prevedibile bancarotta familiare.
La questione dell’eredità porta a galla risentimenti nascosti, ma anche diverse forme d’amore: alla fine, trionferà l’accettazione delle differenze caratteriali nel contesto familiare, in particolare per Oreste, il figlio afflitto dalle ferite emotive perpetuategli dal padre.
A cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla.
Stefano Pirandello
(1895-1972) Primogenito di Luigi Pirandello e Maria Antonietta Portolano, durante la Prima Guerra Mondiale fu prigioniero di guerra in Austria.
Dopo il suo rilascio, la madre di Stefano venne rinchiusa per schizofrenia in un manicomio a Roma nel 1919, in cui visse per il resto della sua vita.
La decisione sul suo ricovero creò una crepa irreparabile fra Stefano e suo padre.
Nel 1922 sposò la musicista Olinda Labroca da cui ebbe tre figli.
Nel 1924 aiutò il padre a fondare la compagnia Teatro d’Arte, che sarebbe diventata fondamentale per lo sviluppo delle opere di Luigi Pirandello, di cui Stefano è stato, per l’intero arco della sua esistenza, segretario, amministratore, collaboratore.
Anch’egli vocato alla scrittura, svolse la sua attività creativa nell’ombra e, per evitare un confronto ingiusto con l’opera del padre, scelse di essere un autore postumo segnandone così la necessaria distanza e autonomia.